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    Jaco Pastorius, il genio musicale che ha rivoluzionato il basso elettrico

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    John Francis Anthony Pastorius III, detto Jaco, è il tipico caso di come il talento sia in grado di reincarnarsi in un essere umano che diventa un veicolo con il quale possa rendere più piacevole questa strana partita a scacchi comunemente detta vita. La figura di Jaco Pastorius rientra sicuramente all’interno di questa casistica, ormai sempre più scarsa a causa di diversi fattori che fanno si che si sia perso sia il vero talento chela capacità reale di riconoscelo a discapito di una bulimica strategia commerciale che tende a coprire con spessi strati di carta dorata ciò che normalmente potremmo definire merda. Se nella storia del rock il personaggio di Jimi Hendrix è stato fondamentale per lo sviluppo e la diffusione nell’immaginario collettivo della chitarra elettrica come strumento, Jaco Pastorius ha sicuramente la stessa valenza per quanto concerne il basso elettrico.

    Jaco Pastorius con il suo basso durante un esibizione live

    Jaco aveva la musica nel sangue, essendo figlio d’arte: suo nonno suonava la batteria nella locale banda della cittadina di Bridgeport, in Philadelphia. Suo padre seguì le orme del nonno e suonò per tutta la sua vita facendo diversi tour in girò per l’America con un quartetto jazz. Fu una figura abbastanza assente nella vita di Jaco e dei suoi fratelli: la musica, infatti, era in famiglia la priorità e suo padre passava pochissimo tempo con loro. Quando non era impegnato nei tour insegnava loro come suonare la batteria o li faceva salire sul palco durante le sue esibizioni per farli suonare con lui ed interagire con il pubblico. Jaco fu il solo ad essere entusiasta di queste opportunità, che ricambiava con una naturale predisposizione a restare davanti al pubblico e a gestire la scena, dimostrandosi sempre entusiasta di suonare la batteria. Il padre però, oltre ad essere poco presente, sviluppò una seria dipendenza da alcol che sfociò con il divorzio da sua moglie. A dodici anni Jaco suonava giò da diversi anni e aveva sviluppato una notevole tecnica alle pelli che però non gli impedì di intraprendere lo studio di altri strumenti da autodidatta come la chitarra. Era anche particolarmente dotato nelle varie discipline sportive dove eccelleva particolarmente nel football: proprio un infortunio durante un allenamento dove rimediò la frattura di un polso. L’entità dell’infortunio fu talmente seria da costringerlo ad abbandonare la batteria in quanto, durante il movimento, sentiva sempre un forte dolore nella zona che si era fratturato.

    Jaco Pastorius in una foto del 1986

    Ben presto il suo interesse musicale si spostò verso il basso, strumento al quale si avvicinò grazie alla figura del bassista Kenny Neubarer, musicista famoso nel circuito della sua città. Jaco si impegnò seriamente nello studio di questo strumento, tramutando la sua camera in una vera e propria sala prove, sviluppando una perizia incredibile che sarebbe migliorata sempre di più. Il suo nome è anche legato alla sua militanza nel gruppo jazz fusion dei Weather Report. Qui ebbe modo di mettere in mostra il suo innato talento, sviluppando una tecnica che gli permetteva di rendere il basso uno strumento solista, in grado di regalare sfumature importanti tanto quanto altri strumenti presenti all’interno della stessa band. Con il suo basso fretless (ovvero sprovvisto di tasti) al cui posto aveva inserito del mastice per legno aveva una padronanza totale dello strumento, con il quale era in grado di coniugare velocità di esecuzione e una brillante capacità di improvvisazione che ben si amalgamavano con gli altri elementi musicali.

    Esattamente come vuole il migliore dei copioni, anche nel caso di Jaco Pastorius si può parlare di una figura che ha rispettato appieno il binomio di genio e sregolatezza. A metà degli anni Settanta iniziò ad abusare di alcol e droghe: nonostante gli ottimi risultati ottenuti con i Weather Report si ripetevano sempre più spesso tensioni all’interno del gruppo dovuto proprio a questo problema. Jaco era assente, spesso stravolto o per la droga o per l’alcol. Per tale motivo nel 1982 il suo rapporto con il tastierista Joe Zawinul si deteriorò a tal punto da abbandonare la band. Nello stesso periodo ebbe modo di firmare un contratto con la Warner Bros. per incidere il suo secondo album solista intitolato Word Of Mouth, che segnò anche la creazione dell’omonima band con la quale andò in tour dal 1980 al 1984. I problemi legati alle sue dipendenze divennero sempre più gravi ed incontrollabili: Pastorius si rifiutò di disintossicarsi e ciò aveva un effetto negativo anche sulla qualità delle sue performance. Durante un esibizione avvenuta nel corso del Playboy Jazz Fest del 1984 Jaco alzò oltre misura il volume dell’amplificatore, suonando note completamente fuori tempo, portando il resto del gruppo ad abbandonare il palco e a lasciarlo da solo. La Warner Bros., sinceramente preoccupata per la sua salute, rescisse il contratto. Per il leggendario Jaco Pastorius fu l’inizio della fine.

    Jaco Pastorius in sala di incisione

    Durante tutta la sua carriera, Jaco Pastorius è riuscito nella rivoluzionaria impresa di dare una vera e propria identità sia al basso come strumento sia alla figura del bassista all’interno di una band. Il suo naturale ed istrionico talento gli ha permesso di diventare un punto di riferimento per il modo di suonare lo strumento e, se oggi molte tecniche sono ampiamente adottate dai bassisti, lo si deve a lui. Bassisti celebri del calibro di Flea, Sting, Cliff Burton e tanti altri non sarebbero mai esistiti senza il suo preziosissimo apporto. Non importa il genere suonato: se si pensa ad una bass star il pensiero vola subito alla figura di Pastorius. Ad oggi l’unico bassista in grado di eguagliarlo in fatto di virtuosismo e di celebrità all’interno dell’ambiente musicale è Victor Wooten, il quale porta avanti l’insegnamento di Pastorius in giro per il mondo, in ogni sua esibizione e in ogni album che registra.

    Il suo immenso talento però, come già detto, è stato spesse volte funestato dai suoi demoni che si servivano delle sue dipendenze da alcol e droga per funestare e “annacquare” tutto quel talento musicale. Nell’ultimo periodo della sua esistenza molte persone credevano che molto probabilmente queste sue dipendenze lo avrebbero portato precocemente alla morte e, in un certo qual modo, fu proprio così. Conobbe anche il terribile giogo della depressione, che lo portò più volte ad essere ricoverato in ospedali psichiatrici. La fine della vita terrena di Pastorius, avvenne una sera del 1987 mentre era presente al concerto di Carlos Santana presso il Sunrise Music Theatre, dove si distinse per alcuni comportamenti sopra le righe che costrinsero la sicurezza (che non lo riconobbe) ad allontanarlo. Pastorius allora portò i suoi problemi al Midnight Bottle Club, dove voleva bere. Versando in condizioni che non gli permettevano di entrare nel locale, il buttafuori del locale Luc Havan gli intimò di andarsene. Ne scaturì una rissa dove Havan, rifugiato vietnamita esperto di arti marziali, spinse il musicista che cadde a terra esanime in una pozza di sangue causandogli un grave trauma tranico. Inutile la corsa disperata al Broadway Country General Hospital, dove rimase in coma per otto giorni per poi morire in seguito alla rottura di un importante vaso sanguigno del cervello. Ma come spesso accade per quei grandi talenti che sono stati messi sulla Terra per uno scopo ben preciso, la sua musica rimane immortale ed è fonte di ispirazione continua per le future generazioni di musicisti di cui c’è un dannatissimo bisogno a questo mondo.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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