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    I want my Mtv, ovvero come la televisione riuscì a sedurre e a portarsi a letto la musica

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    Mtv era pazzia, pazzia pura. Una pazzia trasmessa ventiquattr’ore su ventiquattro in stereofonia via cavo, capace di creare una delle più grandi rivoluzioni socio-culturali di tutti i tempi e di segnare per sempre una generazione. L’assurdo shuttle musicale atterrò sul ventre molle della normalità televisiva il primo agosto del 1981, annunciando al mondo quella semplice frase pronunciata dallo speaker che sarebbe passata alla storia: Ladies and gentleman, rock ‘ n’roll.

    Era una cosa completamente innovativa perché non si era mai visto nulla di simile prima d’ora: i musicisti vennero letteralmente presi, pressati all’interno di scenari che facevano da sfondo a video che accompagnavano le loro canzoni e trasmessi a ciclo continuo su un canale che non si occupava di altro che di musica ad ogni ora del giorno e della notte. Croce e delizia della novità del momento: se da un lato questo concetto è riuscito a creare capolavori come , ad esempio, il video di Thriller di Michael Jackson e ha permesso di lanciare la carriera di molti artisti, dall’altro ha iniziato a “costringere” quest’ultimi a dover girare un video che alle volte era più conosciuto del brano stesso.

    In breve tempo questi video musicali divennero delle vere e proprie perle, tanto da spingere il network musicale ad istituire dal 1984 gli MTV Video Music Award, manifestazione che premia i migliori video degli ultimi dodici mesi e nati in netta contrapposizione ai Grammy Awards. Per sottolineare quella lucida follia che avrebbe caratterizzato Mtv per tutta la sua cosiddetta età dell’oro basti pensare che il primo video trasmesso per inaugurare le sue trasmissioni è stato quello che accompagnava il singolo Video Killed The Radio Star dei The Buggles. Spiccato black humor o una precoce previsione? In ogni caso, una trovata fortuitamente geniale da parte del reparto di comunicazione di Mtv di allora.

    In parole povere, Mtv è il frutto imprevisto di un infuocato rapporto celebrativo tra la televisione e l’industria musicale conclusosi con un rapido rantolo da eiaculazione precoce da parte del macho della situazione, combattuto tra la voglia di fare bella figura con la sua partner e il lasciarsi andare al più sontuoso sciame sismico di orgasmi della sua esistenza. Ciò che venne fuori da questa sveltita fu un “figlio” capace di ammaliare grandi artisti del calibro di David Bowie, Kiss, Pat Benatar, Culture Club, Pete Townshend, Adam Ant, Billy Idol, Police, Cyndi Lauper (e la sua voce dannatamente squillante) e il buon Mick Jagger che diedero vita alla famosa campagna pubblicitaria I Want My Mtv, che entrò talmente tanto nell’immaginario collettivo da essere inserita nei minuti iniziali del brano Money For Nothing dei Dire Straits (cantata dal buon Sting).

    Ma la “grande M” si distinse anche per aver dato sfogo alla pazza creatività giovanile di giovani artisti che crearono degli show animati che diventarono ben presto dei grandi classici dell’animazione americana. Il tutto veniva trasmesso all’interno di un contenitore intitolato Liquid Television dove un giovanissimo Danny Antonucci ( autore de Leone il cane fifone e Ed, Edd & Eddy) ebbe modo di dare vita ad un tipo di animazione dai contenuti decisamente forti e rivolti ad un pubblico adulto. Da citare anche Mike Judge, il creatore di Beavis & Butthead (uno degli show più iconici del canale insieme a Jackass).

    Il mio personale ricordo di questa collettiva follia videomusicale risale al 1997, quando Mtv iniziò a parlare italiano e approdò in un palinsesto televisivo che iniziava timidamente a sperimentare i reality show che molti anni più tardi sarebbero diventati parte integrante della sua offerta di intrattenimento ( non ditemi che sono l’unico vecchio che si ricorda di quel triste e fallimentare esperimento televisivo chiamato Survivor. Sul serio?). Il palinsesto era caratterizzato da programmi quali Kitchen, Say What?, Loveline, Mtv on the Beach, Hit List Italia, Brand: New, Mtv Trip, TRL, Dance Floor Chart, Supersonic, Tokusho, Video Clash. Il successo di questi programmi e della versione nostrana di Mtv era e rimarrà sempre legata ai Vj che negli anni si sono susseguiti alla conduzione di questi format come Andrea Pezzi, Daniele Bossari, Victoria Cabello, Camila Raznovich, Paola Maugeri, Kris & Kris (responsabili dei primi “turbamenti” ormonali della Mtv Generation nostrana), Giorgia Surina, Marco Maccarini e Francesco Mandelli (Nongio).Un delirio musicale e visivo che era una delle forme più genuine di intrattenimento, andata definitivamente in vacca quando la grande M decise di mandare in onda i primi reality show di propria merdavigliosa produzione: minorenni alle prese con una gravidanza imprevista che scombina loro l’esistenza e una masnada di disoccupati le cui preoccupazioni principali sono le costanti sedute dall’estetista per mettere temporaneamente fine al proprio irsutismo o vantarsi dell’elevato numero di peni ai quali riescono a rivolgere le proprie attenzioni nell’arco di una sola serata. Quella creativa follia ha quindi ceduto il passo ad un pericoloso conformismo figlio di una noia che non porta a nulla di buono. Non ce la faccio, troppi ricordi. Fanculo a tutto quindi, sto diventando decisamente troppo vecchio per questa merda moderna.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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