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    I Vinili Di Un Gonzo: Double Diamond degli If, il lato spumeggiante del jazz rock inglese

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    La guardo. E’ davanti a me, capace di regalarmi un turbinio di emozioni contrastanti tra loro. Ammiro le copertine con i loro diversi colori, dalle più semplici alle più complesse, dalle più celebri a quelle totalmente sconosciute. Scorro i nomi degli artisti, alcuni famosi, alcuni no. Passo le mie ingombranti e goffe dita da un disco all’altro: alcuni trai i più venduti, altri sconosciuti agli artisti stessi che gli hanno incisi. Eccola li, la collezione di vinili che ho ereditato da mio zio Louis, colonna sonora di un’intera esistenza Ma sono li, a testimonianza del fatto che possono esserci tanti generi e sottogeneri diversi che però convergono tutti nell’unico linguaggio musicale che non conosce confini spazio temporali. Sorseggio la mia birra per cercare di contrastare gli ultimi colpi di coda dell’afa estiva, mentre mi soffermo su un disco che fin da piccolo mi ha da sempre incuriosito. Mi riferisco a Double Diamond degli If, interessante gruppo jazz rock britannico.

    Parte della collezione dei vinili di un Gonzo caratterizza i tre quarti della redazione di Bad Literature Inc.

    Gli If nascono in Inghilterra nel 1969, due anni dopo della fine della cosiddetta British Invasion aperta dai Beatles, su idea del sassofonista Dick Morrissey al quale si affiancarono alcuni dei più importanti e rinomati musicisti jazz della scena londinese. Ben presto Morrissey coinvolse nel progetto anche il chitarrista Terry Smith e il sassofonista Dave Quincy, entrambi provenienti da un’esperienza di militanza in un’orchestra jazz di più di dieci elementi. A pizzicare le corde del basso fu ingaggiato Jim Richardson mentre a percuotere le pelli Dennis Elliot, giovane batterista con una già notevole esperienza nel suo curriculum e il cantante John Hodkinson (almeno fino al 1973) come cantante solista. La band si formò sull’onda del successo di band capacci di miscelare con sapiente successo il rock e il jazz come i Blood, Sweat and Tears e i Chicago, permettendo agli If di diventare uno dei gruppi pionieri nel sottogenere del jazz rock. Dopo l’omonimo album di debutto, pubblicato nel 1970, il gruppo dà alle stampe un totale di otto dischi per poi decidersi di sciogliersi nel 1975. Le motivazioni che hanno portato a mettere la parola fine a questo interessante e pioneristico complesso sono molteplici, tra cui l’accumularsi della stanchezza dettata dall’eccessiva lunghezza dei tour e il mancato ritorno economico a fronte di tutte le spese sostenute per la realizzazione degli album e di tutto l’indotto per sponsorizzarli. I componenti intraprenderanno carriere soliste con alterne fortune: Dick Morrissey diventerà uno dei più bravi ed apprezzati jazzisti inglesi, arrivando a pubblicare dischi solisti fino al 1990. Morirà nel 2000 a sessant’anni, dopo aver combattuto contro una lunga malattia.

    Una foto della formazione degli If. Il secondo a partire da sinistra è il cofondatore del gruppo e sassofonista Dick Morrissey. Fonte ph: Wikipedia

    Double Diamond venne pubblicato nel luglio del 1973 ed è il sesto album in ordine cronologico pubblicato dagli If. Ciò che di primo acchito mi è sempre rimasto impresso di questo disco è la copertina, all’apparenza semplice ma diretta a tal punto da rimanere incastrata tra i miei ricordi di infanzia. Il nome dell’album e la sua relativa copertina, che ritrae una bottiglia di birra che perde schiuma dal collo, fa riferimento ad un famoso marchio di bevanda alcolica fermentata tra le più famose e vendute in Inghilterra tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, la Double Diamond per l’appunto, la preferita dal principe Filippo e tutt’oggi ancora in commercio dalla Carlsberg UK.

    La copertina di Double Diamond (1973)

    Brindo alla salute di questo disco, degli If e della gioia di poter ascoltare queste chicche musicali. Tracanno giù metà della birra contenuta nella bottiglia, rutto con fierezza e metto il disco sul piatto del giradischi. E la puntina fa il resto.

    La magia della puntina che solca il vinile

    Il disco si apre con Play, Play, Play, spigliato brano dalle sonorità funky che mette subito l’ascoltatore a suo agio nell’ascoltare la chitarra elettrica di Terry Smith e il sassofono di Dick Morrissey fare l’amore insieme per creare un potentissimo sciame sismico di orgasmi sonori lungo tutta la durata del brano. Si prosegue con Pebbels on the beach (ciotoli sulla spiaggia), brano di chiara ispirazione Jethrotulliana: il flauto suonato nel brano fa sembrare Morrissey il più bravo degli allievi del pifferaio magico del rock Ian Anderson, l’unico e il solo. Pick Me Up (And Put Me Back On The Road) è una fresca e scanzonata canzone in puro stile rock inglese, nella quale si possono avvertire vaghi sentori di Who Are You dei The Who, altro grandissimo brano di una band leggendaria, ormai famosa ai più per essere la colonna sonora della sigla di testa e di coda del telefilm C.S.I. Scena del crimine.

    Groupie Blue (Everyday She’s Got The Blues) fa muovere il piede senza possibilità di controllo, mentre Fly, Fly, The Root, Shoot è probabilmente uno dei brani più belli del disco. Una batteria in odore di bossa nova con una chitarra dal tocco funk che rende il tutto degno di essere ascoltato più e più volte. In definitiva Double Diamond è davvero un piccolo, doppio diamante. Una chicca imperdibile che merita di essere riscoperta e liberata dalla polvere degli scaffali dove magari è riposta (e dalle mensole sulle quali, magari a vostra insaputa, tenete una copia). E’ un disco che si ascolta con piacere, capace di essere perfetta colonna sonora per creare la giusta atmosfera se vi trovate in compagnia della Dani California in grado di apprezzare certe sonorità. La puntina arriva all’ultimo solco del lato B del disco, la musica finisce insieme alla mia birra e un turbinio di emozioni e ricordi mi investe come un tir a tutta velocità senza possibilità di salvezza. Brindo nuovamente agli If, ai bei dischi, alla buona musica, alla buona birra, agli orgasmi bagnati, ai piccoli piaceri della vita e ai ricordi che mescolati con la giusta colonna sonora sono ciò che più di potente a livello motivo ci possa essere. Salute.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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